Te l'avevo detto di andare piano

Una fila di vespe in marcia a due per tre, con le ali sollevate e bloccate sui tre quarti con inclinazione retroattiva verso il cielo, ma con le zampette ben salde a terra, e il pungiglione piegato sotto il ventre, continuano a fuoriuscire interminabili da una caserma a forma di spacco basso d’una lunga gonna jeans blu sbiadito (l’inquadratura non permette di far conoscere a chi appartiene il resto del corpo).
Queste vespe, dicevo, mi han ronzato una domanda interessante da proporre come titolo per un tema d’esame di maturità tecnica:
"Qual è l’aspetto mortale degli edifici di fine novecento costruiti lungo il litorale ligure di levante? Argomenta la risposta cercando di fare paragoni con l’aspetto mortale di questo quesito".
Alchè le vespe s’involano tutt’assieme, disegnando nell’aria uno schieramento a forma di gessetto consumato, per andare ad abbattersi infine contro la lavagna, scrivendo:
"Una casa, per scoperchiata che possa essere, è sempre più sicura della vostra condizionata istituzionalità!"
Ma nessuno controbatte all’atto d’accusa della Natura contro l’Uomo,
e non per un’improvvisa illuminata condivisione della sentenza,
non per soggezione,
e nemmeno per sentimento d’offesa,
piuttosto per vergognosa sordità impostata da altri e subita senza accenno di reazione;
istituzionali fino al midollo.


Parma, 22 giugno 2005

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