Per strada


Per strada dovremmo imparare
a incazzarci meno, a scusarci di più,
sorridere a chi attraversa,
chi attraversa il mare,
e allora forse smetteremmo
di votare per la parte sbagliata,
forse smetteremmo di votare
per filare con le nostre mani
il destino che ci riguarda
e oggi scrivo parlando per Noi
quando non lo faccio quasi mai,
e lascio che la sacrosanta rabbia
sia impeto d'amore, sia gesto
umano per l'umano
e non devi aver paura
che qui ci travolga l'onda
se sapremo brillare sulla merda
che ci governa,  se sapremo
essere felici nel liquefarla
fin che affondi al posto
di quelle barche amareggiate,
se sapremo tenere negli occhi
la dolcezza della terra,
l'approdo al termine del viaggio.


Varsi, 12 Giugno 2018

Nonchalance


Quando mi son svegliato
ho trovato il porto chiuso
e il cartello diceva
"Chiuso per codardia"
firmato da milioni di esseri
svuotati che si credono
d'esserci sempre stati
e chiamano casa propria
una lingua di terra
su cui passare, un luogo
di povertá spirituale
da quando ha smesso di sapere
ch'è figlia del mare la sua radice
e chi arriva a riva porta colore
diverso dal putrescente grigio
dove arrogante ignorante
ti condanni all'ergastolo da solo.
Quando mi son svegliato
mi s'è chiuso il cuore
a saperli rimpallati tra un gioco
di potere e l'altro, e sentirsi
fischiare sulle teste auguri
di buon ritorno da dove
son partiti, così, con comoda
nonchalance, come fosse
uno sport estremo quel viaggio,
come se proprio non vedon l'ora
di venire fin qui per derubare, esplodere,
farsi sfruttare, stuprare, prostituirsi,
spacciare a clienti innocenti,
prendere esempio dai rampolli
locali, ridicolizzare la pochezza
mentale... quella, soprattutto quella.
Quando mi son svegliato era un incubo
in cui i porti ormai brulicavano di vermi.


Parma, 11 Giugno 2018

Respiro


"Prendi e lascia,
lasciamoci andare, agli eventi,
al vento, al suono, all'amore,
lasciamo andare ciò che non ci appartiene,
ciò che ci distrugge, che rugge contro,
è l'unico modo affinchè la magia accada,
affinché cadano le finzioni
e condividere gli spasimi di bellezza
perché salvarsi è salvare,
allora piegarsi solo al sorriso spaesante
di chi ha perso ogni cosa per vincere
chi lo condanna, allora combattere
lo stupido odio che sterilizza le persone
buone ormai all'ora dell'aperitivo
e poi capaci di sognare solo qualche moneta
in più per comprare per il gusto di comprare.
Ma cosa importa, quel che conta
è il movimento leggero, il fluttuare
del sangue che si fa cielo, viaggiare
per sapere e aumentare lo stupore,
abbracciarsi e ritrovarsi un po' più
piccoli, meno presi dal dolore,
sentire quanto il presente
sia ricco di doni e connessioni
tra atomi e universi pronti
a scambiarsi, a cambiare prospettiva
al proprio sguardo aperto all'incanto..."
questo diceva l'uomo seduto nella stanza
con una matita dentro il cuore,
la barba impigliata a un'ombra,
la finestra d'insetti spiaccicata,
e la ragazza di fronte dai capelli
danzanti, i bracciali orientali,
le mani che gli tenevano la testa,
non potè fare altro che iniziare
a credergli, a cedere le paure
in cambio di un respiro
che sapesse evaporare
in parole quali "Eccomi,
mi lascio andare, assomiglio
al mare, alle distese di neve,
ai primi baci, ai boschi
di montagna, ai partigiani,
ai campi di girasoli, ai silenzi
di un teatro, ai deserti
da attraversare, alle fate
e agl'infiniti voli, e creo
quel che vedo, e ti rileggo
in ogni pensiero rivolto
a dissolversi in canto,
e ora semplice ascolto
il mondo inciso nelle ossa,
annuso il sudore in cui nuotiamo
nuovi e antichi insieme,
mangio carne e fiori
dal piatto della tua bocca,
tocco il rilievo su cui scorrere
e le tue frenesie e stranezze
intraducibili e tocco me stessa,
la mia pelle viva, la voglia
di portarmi addosso la notte
e il giorno e quel che arriva
come vestiti che posso mettere
e dismettere, come un tatuaggio
ch'è un mistero ma è quel che sono
e quel che sono siamo, lasciandoci
andare al prossimo respiro"


Parma, 11 Giugno 2018

Mani e rughe


Si presero a manate sul petto
e non fu facile, nessuno disse
lo sarebbe stato, si presero
per quel ch'erano, un po'
invischiati in labirinti
febbrili, svolte di ghiaccio.
Non tutto sarebbe stato comprensibile,
non di primo impatto, chi disse
lo sarebbe stato? E si presero
a domande e a silenzi,
e si presero per il collo
forse a stringerlo, forse a baciarlo,
si presero e videro quanto buio
ci puó essere in fondo al fuoco
ma poi la paura era solo un altro
modo di mettersi alla prova,
di provare quanto dura la durezza
prima d'una sola carezza ai confini
della notte che dissolva
ogni singola ostruzione
tra la sorgente e il mare.
Un buco da riempire
con un po' d'amore
è quel che si chiedono
e ce n'è a riempire distanze,
stanze in cui consumarsi solitari,
impegni, disimpegni, inganni
del tempo, storie su cui navigare,
fragilità da custodire, forze
inaspettate, mani di anziani
incollate al destino
che si sono creati con fatica
e desiderio di portarsi oltre.
Si presero e si lasciarono,
tornarono più pesanti,
più leggeri, più veri,
più vicini. Nessuno disse niente,
nessuno aggiunse altro,
solo fogli, gesti folli,
mani e rughe da seguire.


Parma, 6 Giugno 2018

Finire in cuore


Sì lo so che hai ancora fame di me,
lo so, ma mi piace se aspetti un po'
e lo so che sei tentato di scrivermi
"Stai studiando?" "Sí, perchè?"
"No niente, m'era venuta un'improvvisa
cocente voglia di te, di amarci ora,
ma tranquilla, me la faccio passare"
e certo è incauto il caldo pomeriggio
ma non rischiamo di venirci a noia,
è bello anche solo soffermarsi, muoversi
altrove, pensare a concerti estivi
o a qualche giorno più in là
da stupirci per città nuove,
e di tenerci un po' segreti
per poi brillare oltre i rumori
di gente, di amici, di tempi
che avranno i loro modi
di aprirci, distessere nodi
fra il cervello e la mano
che si avvicina, e non temere
che non scappo se non ti ci metti
d'impegno... sorrido, l'ingenuitá
di quanto sia umano tutto ció,
la sacra ingenuitá del non essere
divini, e allora scrivi, scrivimi
versi, crea miti su cui sognare,
e poi torna sulla terra e rapiscimi
le labbra, che lo so che ogni poeta
è un mostro, e lo sai, anch'io scrivo
e faccio della fantasia un campo
di battaglia, e fotografo il sudore
e muri colorati, ritmi, vicoli infiorati,
e questo ti dà pace togliendoti
ad esempio dalla testa
che anche il panettiere
ormai ti farà una tessera
che non saprai dove mettere,
che sennò non ti fanno entrare,
che non si torna più indietro
dalla cecità, che sia d'amore,
che sia un bastone ficcato
da un eroe nell'unico occhio
rimasto a contemplare,
che sia una pausa tra una nota
e l'altra come un pantano
da cui districarti a morsi
tra due boschetti verdi...
i miei occhi, ma in mezzo
stai tranquillo, sì, è un cuore.


Parma, 1 Giugno 2018