Dalla prigionia del ragno

Strisciate pure contro il mio petto
insetti dai seni rigonfi di fiele.
Aprofittate dell'assenza di volontà
per succhiare l'ultima goccia nel barlume.

Neanche l'odio sono riuscito ad imparare.
Quel passo pesante mi sorpassava
come un razzo lanciato dalle vittime
e sulle vittime destinato a rimbombare.

La ragione s'è impantanata nell'abisso.
Il bimbo nel cantuccio della buia stanza,
la ragnatela ne divora il singhiozzo.
All'uomo siano amputate le braccia.

Insetto che ti trasformi in angelo
- inconsapevole beatitudine del gesto asessuato -
ora ti attraverso, ora la maniacalità asfittica
ora la dissolvo nella gigantografia di un sogno:

Scie di violini violano la violenza
di ogni spazio chiamato privato.


Parma, 11 febbraio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e