Ho il pensiero di te: brucia.
Il mai che mi sei, importa:
la routine russa delle schivate: tocchi
disegnati sotto palpebra, microfoni
vergini delle sincerità più crude, come:
ora, dimmelo ora se mi vuoi lì
come ti voglio. Oppure: no.
Le finte di cuore, il mio che cade
e cade: si rimanda, si rimorde,
le ri-morti mangiano le vene,
comprendi: marcio è lo stagno.
Dicono: stai calmo:
lo sono, male ma lo ero già.
Ha stridori la città: infine strino.
Possono le distanze essere così atroci?
Ancora più fuori, colori...
Parma, 3-9 Ottobre 2011
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