Rosagra del deserto

agli exmigrati di Rosarno

Agrumi strappati dal petto
aperto al sole dicembrino
che se scalda è per inerzia,
come le nostre mani dolenti:
nel fango del sonno nostalgia
serrano staccano spremono.
Gocce acide dagli occhi al risveglio
rubato. Poco a parte è rimasto:

terra fredda nel petto aperto,
terra nostra ma non nostra.
Sudore che dalle cosce piove
a rinnovare il rito di fertilità
come dono natalizio a voi
portato. A voi frutta, guadagno
e il sentire di pensarsi migliori:
più che uomini, meno di Dio, Voi.

Un Dio mutilato alla fine dei sei
giorni. Il settimo ancora presenti
a farvi da fanti cavalli giullari
e giù di bastoni di spade di picche!
Il fuoco di chi ha alzato la testa,
dopo tutto, contro l'avida regina
che della luce solo il nero conosce:
steso lutto sulla vostra povertà.

Disprezzato negro e rinnegato
quando da padre-schiavo si fa
figlio-ribelle; natura che affiora.
Stravolta natura, l'ombra che scende
a ingoiarsi l'agnello; ogni volta
degl'innocenti la fuga, la strage.
Forse destino, sicuro tiranno;
e deserto. Una rosa di vergogna.



Parma, 14 e 15 Gennaio 2010.

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