Sibilo

Seduti sul pulpito bianco
di assenti statue ingessate,
stanchi insieme e aspettanti
un secondo suono che indicasse
la via di fuga essenziale.

Un uomo pieno di sangue
in salute come da tempo antico,
da quale nebbia, da quale incenso
dimenticato, con un cenno del dito
ha maledetto la scalea violata.

Gli cadde un mattone sull'innocenza
e fu seppellito dalla pioggia.
Veloce già scappavo, colonne
nonostante, colonne mute
e nemiche, colonne nel petto.

Poi il sibilo. Ospedale da campo,
eccomi inefficace e lei così lontana,
m'insegnò linee di luce,
mi diede baci caldi di pane
che qui mancava, manca.

"La tua schiena è una mappa,
doppia bussola il tuo seno,
alle tue gambe tendo, fisso su te
il timone e il vento sospinge"
le dissi. Chiuse gli occhi sulle mie mani.

La saggezza degli ultimi istanti,
di quel silenzio oggi al posto dello stomaco.
Finite le munizioni qualcuno
consoli gli assassini, qualcuno
stabilisca un patto di esistenza

o di estinzione, destinati
come siamo a quale società di pace?
dipinta tanto gentile fino al disgusto.
Schiocco le ginocchia, mi butto dal letto,
lecco l'anestetica compattezza del gelo.


Parma, 21 Luglio 2008

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